Da quando aveva 17 anni non ha mai smesso di viaggiare. E oggi trascorre più di 250 giorni all’anno in giro per il mondo. Travel for business ha avuto il piacere di intervistare Sebastiano Ramello, un appassionato di viaggi, di scoperte e di esplorazione di nuove culture, in grado di instaurare nuovi rapporti professionali in ogni paese che visita.
Sebastiano, 43 anni di origine piemontese (Cuneo per la precisione) ha unito, dieci anni fa, le sue passioni del viaggiare, della comunicazione e del vino per farne la sua attività principale: Wine Selection Sebastiano Ramello.
Un’organizzazione riconosciuta a livello mondiale che è diventata presto il portavoce, o meglio un ambasciatore privato – come Sebastiano ama definirsi – dell’eccellenza dei vini italiani nel mondo.
Sebastiano, puoi raccontarci come hai iniziato la tua professione di consulente internazionale e promotore di vini italiani?
Ho iniziato l’attività dopo anni di viaggi per il mondo, dal Centro America all’Asia, inizialmente come fotoreporter in India e Nepal, per poi iniziare a selezionare vini italiani per uno dei più grossi distributori USA.
La mia grande passione per il “dolce nettare” mi ha portato ad aprire la mia società e allargare la selezione ai principali mercati mondiali come gli Stati Uniti, il Canada, il Brasile, la Russia, l’Europa, la Cina, il Giappone, il Sud est Asiatico, Australia e indirettamente altri paesi del continente asiatico.
Oltre a selezionare vini italiani e portarli per il mondo, come esperto di vini e mercati esteri scrivo per diverse riviste sia italiane che straniere, e in passato come unico esperto di vini italiani per il prestigioso magazine di Hong Kong “Yumme”. Ho collaborato inoltre come consulente del territorio piemontese per le due maggiori riviste di vino cinese, “Wine” e “Wine In China” e come consulente vini e territorio italiano per la rivista americana “Santé”.
Sappiamo che hai avuto anche un’importante esperienza come ricercatore, che cosa ci dici a riguardo?
Sei anni fai ho dato vita ad una ricerca, la prima e unica al mondo nel suo genere: vino e intolleranza alimentare. Un’occasione che mi ha permesso di creare il primo brand al mondo di selezione e certificazione di vini con contenuto di istamine inferiore a 0,5mg/litro.
Battezzato “Low Histamines” il modello viene anche suggerito da diversi medici e nutrizionisti come il Dottor. Eugenio Franzero. http://www.lowhistamines.com/
Quali sono i paesi che hai maggiormente frequentato per lavoro? E dove hai riscontrato maggiori difficoltà?
Sono veramente tanti i paesi che ho visitato nel mondo. Nei miei primi cinque anni di attività arrivavo addirittura a fare anche 4 o 5 volte il giro del mondo in un anno, passando dall’Asia all’Europa o in America in continuazione.
A modo loro ogni paese è stato un paese interessante, che mi ha fatto crescere e donato molte opportunità, anche se a livello lavorativo gli Stati Uniti e il Canada sono stati quelli che hanno saputo donarmi più soddisfazioni.
Le maggiori difficoltà le ho riscontrate ad Hong Kong e in Cina, principalmente per le barriere linguistiche e culturali che vanno studiate ed affrontate ancora prima di dare inizio ad una attività.
Negli ultimi anni sto dedicando particolare tempo all’Asia: non solo perché questo mercato è il futuro diventato presente, ma soprattutto perché è un continente che ha bisogno di realtà come la mia, non solo in termini consulenziali ma anche di formazione ed istruzione ai nostri grandi prodotti.
Ci hai raccontato che il tuo ultimo viaggio di lavoro si è svolto in India. Che cosa ti affascina dell’India?
In realtà l’India è una lunga tappa di un mio viaggio o meglio di un tour nella promozione del vino e territori del vino italiano, che mi ha visto insieme alla mia compagna Franca Demaria – promotrice della cultura culinaria Italiana – da prima in Hong Kong e in Cina, una delle mie tappe annuali ormai obbligatorie, poi in Sud Est Asiatico, tra cui Cambogia che è un paese in grande via di sviluppo. In Cambogia mi sento quasi a “casa” perché alcuni anni fa mia sorella Francesca ha aperto un bellissimo hotel e ristorante a Shianoukvill: uno dei luoghi più turistici sulla costa, che oggi sta diventando anche la capitale dei Casinò in Cambogia; i progetti cinesi la faranno diventare una Macao del Sud Est Asiatico, e quindi si spera con un consumo sempre maggiore di vini italiani.
Per tornare all’India, posso asserire che è il paese al mondo che mi ha affascinato di più. Forse per la sua grande cultura, la musica, la poesia, la filosofia, i colori e anche la sua totale diversità culturale all’interno di un unico luogo, che comunque riesce in qualche modo a convivere.
L’India è stato anche il primo paese asiatico che ho visitato da giovane, quando nel 1998 ho affrontato il primo viaggio con mio padre: uno dei viaggi più belli della mia vita condiviso con la persona a me più cara.
Relativamente al mercato del vino italiano in India, quali sono oggi le difficoltà e quali saranno gli sviluppi nel futuro?
Il mercato Indiano, riguardo al consumo del vino, è sicuramente in ascesa. Tuttavia il forte protezionismo, adottato da sempre in India, fa si che l’importazione di vini italiani venga sdoganata con delle accise ancora pazzesche; si parla di circa 250%, portando così il costo finale del prodotto a un prezzo che ben pochi possono ancora permettersi, soprattutto quando si parla di vini di qualità.
Quando però pensiamo alla classe media indiana, che è in continua crescita, dobbiamo immaginarla come circa tutta la popolazione europea messa insieme…
Quanto costa un vino italiano in India?
Un vino di livello medio che parte a circa 4 € dall’Italia arriva su uno scaffale in India a 2500 Rs, a circa 30 – 35 € a bottiglia. Inoltre la conoscenza del vino in India è ancora molto limitata, anche se negli ultimi anni sono nate molte aziende vinicole soprattutto nel centro e sud, grazie anche ai suoi pionieri; uno di questi, da me considerato uno dei migliori produttori di vino indiano per qualità e prezzo è “Sula”.
Stanno nascendo anche diversi “Wine Club” nelle principali città come Kolkata, Delhi, Mumbai e Bangalore.
Come si sviluppano le relazioni di business in India e qual è stata la tua esperienza in chiave professionale con le persone locali?
Qui le relazione di business, un po’ come in tutta l’Asia, si sviluppano lentamente, dopo tanti incontri, visite reciproche; solo dopo che si è instaurata una forte fiducia si riesce a dar inizio a una collaborazione.
Ancora oggi in India, molti contratti, anche di grande importanza, prima di venir firmati vengono fatti consultare dai propri guru religiosi o santoni, che in base alle stelle sanno consigliare il giorno e l’ora propizia per la firma di un buon contratto.
In questo paese le vecchie tradizioni sono ancora molto importanti, così come la casta di provenienza. Questo è un paese che ha bisogno, prima ancora di far vendita immediata, di una istruzione verso i nostri prodotti vini.
Parlando di vini, che posizione ha il vino italiano rispetto a quelli di altri mercati internazionali?
In India il vino Italiano, dopo quello prodotto nel paese, è il più conosciuto e probabilmente consumato.
l’india è uno dei pochi paesi asiatici dove il vino Italiano per vendite e consumo batte quello francese. Forse anche perché in tutte le zone turistiche, e in quasi tutti i ristoranti, si dispone di un vasto menu di cucina Italiana. Inoltre, sempre più nelle grandi città nascono ristoranti italiani, per lo più gestiti da imprenditori indiani, anche se sulle liste si vedono ben pochi vini italiani…
La cucina italiana è sempre più amata dagli Indiani, come anche alcuni nostri prodotti base come l’Olio di Oliva Extra Vergine.
Come riusciamo a prendere quote di mercato. Qualità o Relazione?
Un po’ come in tutti i paesi, le quote di mercato si prendono e si mantengono con la qualità, e per questo l’Italia ne ha veramente tanta.
Poi con la perseveranza nella promozione, soprattutto con la presenza sul posto di “brand Ambassador”, esperti di vino italiano, e con la creazione di scuole, corsi che possano istruire chi voglia avvicinarsi al vino italiano.
La formazione, come la comunicazione è da sempre la base per potersi instaurare e crescere in un mercato. Soprattutto in Asia, ormai da un paio d’anni, oltre richiedermi di selezionare vini italiani, sempre più mi invitano a tenere conferenze sul vino e mercato, e brevi corsi base che possano preparare chi vuole approcciarsi alla conoscenza del nostro vino ma anche a tutta la cultura che c’è dietro.
Secondo il tuo parere quanto le istituzioni italiane (organizzazioni o camere di commercio) supportano realmente lo sviluppo dell’export italiano e del made in Italy?
Più che delle istituzioni, che non sempre sono presenti come in realtà tutti noi vorremo, preferisco parlare delle singole persone che ricoprono cariche istituzionali: molte stanno facendo un buon lavoro e dando il loro meglio, anche se spesso schiacciate e messe in difficoltà dalla burocrazia Italiana.
Difficile parlare di camera di commercio in generale: alcune in alcuni paesi stanno facendo un gran lavoro e molte attività che portano da anni a buoni frutti, altre molto meno presenti. Come sempre dipende dalla persona che la gestisce. Ad esempio la Camera di Commercio di Cuneo è riuscita, certamente non da sola, ma a contribuire a far si che oggi il territorio del vino del cuneese fosse uno dei più importanti al mondo.
Sono comunque del parere che bisognerebbe investire di più nella promozione, nel marketing e nell’istruire futuri nuovi portavoce del vino italiano.
L’Italia è un grande produttore di alta qualità, ma non sempre alla stessa altezza nella promozione. Spingere di più le innovazioni e con l’aiuto istituzionale creare dei corsi, nei vari paesi mondiali, dove si insegna come approcciarsi al nostro vino, non come sommelier, ma come conoscitori di un prodotto legato ad una storia, ad una cultura, ad un territorio e ad uno specifico mercato, in modo da poter creare non solo dei virtuosi del vino italiano ma dei futuri promotori
Che cosa vuol dire oggi essere un manager dell’internazionalizzazione?
Non aver paura di viaggiare in continuazione, di lavorare qualsiasi giorno della settimana, e a qualsiasi ora, visto i diversi fusi orari. Ma avere anche una buona conoscenza dell’utilizzo della comunicazione e dei suoi strumenti digitali quali social network che sempre più sono veicolo di unione e conoscenza per chi non sempre è vicino.
Quali sono le sfide e le difficoltà da affrontare?
La sfida più grande è quella di non arrendersi mai e credere in ciò che si fa. Le difficoltà da affrontare sono sempre molte: al primo posto la burocrazia, non solo quella italiana ma anche quella dei singoli paesi dove si opera, ma anche i vari “paletti”, protezionismo, che gli stati impongono spesso per rallentare o favorire un altro paese o commercio.
Quali sono i suggerimenti che ti senti di dare ai giovani che iniziano il mestiere di export manager.
Giovane o meno giovane, qualsiasi sia il lavoro che vada ad affrontare è di metterci passione e credere in ciò che si fa. Per intraprendere una attività come, o simile alla mia, bisogna viaggiare, conoscere il mondo, partendo dal basso e poi imparare da chi ha già fatto più strada.
Quali saranno i tuoi prossimi viaggi d’affari?
Il prossimo viaggio spero che sia quello per rientrare a casa. Ma mi sto già organizzando per una trasferta tra metà marzo e i primi di aprile in Germania, a bordo di un camper attrezzato, come portavoce e promotore di uno dei vini più importanti della Regione Piemonte, il Dolcetto e del formaggio Murazzano Dop.
Una delle tappe sarà la fiera internazionale del vino Prowein a Dusseldorf, ormai una delle più importanti al mondo dove da sette anni ho un mio stand.
Poi nuovamente USA, Canada, soprattutto per quello che riguarda i vini “Low Histamines”, e in primavera ritornerò in Asia. Per quest’estate ho in progetto un tour nell’Est Europa: Montenegro, Albania, Bulgaria, tutti paesi in via di sviluppo.
Per quello che riguarda viaggi per pura passione e scoperta, spero presto di esaudire un sogno, unire la Cina all’Italia percorrendola via terra seguendo per quello che oggi si può le rotte della Via della Seta.
Comments 1
“Avere il Mondo come giardino di Casa”
Lezione per tanti giovani (e non).