Viaggi d’Affari: oltre il Business, un’Esperienza di crescita

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Di recente ho partecipato all’evento GBTA di Milano, dove un intervento mi ha colpito particolarmente. Si è discusso di come il viaggio d’affari non sia più visto solo come uno spostamento finalizzato al lavoro, ma come una vera esperienza. È un concetto che ho sempre sostenuto: il viaggio come un’opportunità per crescere, non solo professionalmente, ma anche personalmente. E quando lo si considera sotto questa luce, tutto assume un significato diverso, no?

È un’idea su cui ho riflettuto molto negli anni e che continuo a difendere con convinzione. Non a caso, noi di Travel for business abbiamo persino sviluppato un modello per misurare il ROI del viaggio d’affari, che valuta non solo gli obiettivi di business raggiunti, ma anche il valore personale che il viaggio può offrire ai dipendenti.

Il “bagaglio personale” di un viaggio di lavoro

Ricordo quando, anni fa, le aziende consideravano il viaggio d’affari come una pura e semplice necessità: “Devi andare lì, parlare con Tizio, chiudere il contratto e tornare”. Punto. Fine della storia. Non c’era spazio per riflettere sull’impatto che questo movimento avrebbe potuto avere sulla persona che lo stava vivendo. E per “impatto” non intendo il jet lag o la corsa al gate dell’aeroporto, ma piuttosto il “bagaglio personale” che il viaggiatore avrebbe potuto portarsi a casa, oltre a quello professionale.

Ora però, le cose stanno cambiando. Durante l’evento, molti speaker hanno sottolineato come i viaggi d’affari siano sempre più visti come esperienze. Si sta iniziando a riconoscere che questi spostamenti possono arricchire l’individuo a 360 gradi: nuove culture, nuove idee, nuove ispirazioni.

Il Viaggio come formazione

Un tema interessante emerso durante l’incontro è stato il concetto di formazione. Oggi, le aziende investono ingenti somme di denaro per formare i propri dipendenti, e giustamente. Ma ecco il punto: perché non considerare anche il viaggio d’affari come una forma di formazione? Sì, proprio così. E non sto parlando solo di workshop e conferenze, ma del viaggio in sé.

Pensateci: un dipendente che vola dall’altra parte del mondo per incontrare un cliente non sta solo “lavorando”. Sta vivendo un’esperienza che lo metterà a contatto con una cultura diversa, che gli aprirà gli occhi su nuovi modi di fare impresa, o che magari lo ispirerà a vedere il suo lavoro da un’altra prospettiva. E questa è formazione, senza ombra di dubbio.

Se le aziende iniziassero a considerare i viaggi d’affari come una forma di educazione o addirittura un investimento nel benessere del dipendente, potrebbero trarne enormi benefici. E in fondo, come discusso all’evento, non è poi così diverso da quando le aziende hanno iniziato a stringere convenzioni con palestre e centri wellness per migliorare il benessere dei lavoratori. All’epoca poteva sembrare un’idea strana o addirittura un lusso, ma oggi è una pratica comune in molte realtà. Allora perché non fare lo stesso con i viaggi?

Viaggi e Welfare Aziendale

Una delle cose che mi è rimasta più impressa all’evento è stata l’idea che il viaggio d’affari, se visto sotto questa luce, potrebbe diventare una vera e propria leva di welfare aziendale. Non si tratta solo di far viaggiare le persone in business class o di offrirgli soggiorni in hotel di lusso. Si tratta di ripensare al viaggio come parte integrante del benessere del dipendente, non solo come strumento per raggiungere un obiettivo lavorativo.

Immaginate un’azienda che incoraggi i suoi dipendenti a prendersi un giorno extra quando viaggiano per lavoro, per scoprire la città in cui si trovano, o che incentivi la scelta di hotel con servizi wellness come palestre o spazi per la meditazione. Potrebbe sembrare un’idea utopica, ma ci sono già realtà che stanno andando in questa direzione.

E poi, diciamocelo, viaggiare è uno dei piaceri della vita. Perché limitarlo a una serie di incontri in sale conferenze e riunioni interminabili? Una passeggiata in una città nuova, un buon pasto in un ristorante locale, un museo visitato al volo prima di riprendere l’aereo. Sono queste piccole esperienze che trasformano un viaggio d’affari in qualcosa di più. E se l’azienda lo capisse, sarebbe un win-win per tutti.

La prospettiva di cambiamento

Tornando all’evento GBTA, uno degli interventi ha evidenziato come stiamo assistendo a un cambiamento nelle priorità delle aziende. Si parla sempre di più di benessere olistico dei dipendenti. Questo significa che non si guarda più solo alla produttività immediata, ma anche a come il lavoratore si sente, a come riesce a bilanciare la vita personale e quella lavorativa. E il viaggio, in questo contesto, può essere un’arma a doppio taglio.

Da un lato, viaggiare troppo può portare a stress, isolamento, burnout (chi non ha mai provato la sensazione di trovarsi a migliaia di chilometri da casa, lontano dalla propria famiglia, sentendosi un po’ perso?). Dall’altro, però, se gestito nel modo giusto, può diventare un’esperienza arricchente, capace di ricaricare le batterie e ispirare.

Le aziende che sapranno sfruttare questa leva avranno un vantaggio non indifferente. Perché un dipendente che vive bene il suo lavoro, che si sente valorizzato anche durante i viaggi, è un dipendente più felice, e un dipendente felice, diciamocelo, lavora meglio.

Una questione di mentalità?

Il viaggio d’affari è un’opportunità per le aziende di investire davvero nelle persone, e per le persone di crescere, non solo come professionisti, ma come individui. Se iniziamo a pensarla così, tutto assume un’altra prospettiva. Quindi, la prossima volta che prepari la valigia per un viaggio di lavoro, prova a guardarlo in modo diverso. Non è solo una trasferta.

Foto di Anna Tarazevich: https://www.pexels.com/it-it/foto/esperienza-di-testo-con-lettere-su-sfondo-nero-5598300/

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