Colui che conosce solo il proprio lato della questione, ne conosce ben poco. (John Stuart Mill)
Parte Prima del mio racconto sulla gestione della sicurezza per i viaggi di lavoro: Travel Security Management
Ogni anno milioni di viaggi di lavoro vengono organizzati: turisti e viaggiatori d’affari lasciano le loro case ed i loro abituali luoghi di lavoro, viaggiano e ritornano a casa, senza incidenti. In generale si può dire con certezza che viaggiare in paesi stranieri non è mai stato più sicuro di oggi. Tuttavia, anche se milioni di viaggiatori rientrano senza incontrare problemi, una piccola percentuale di questi si trova a fronteggiare situazioni di pericolo dovute a gravi situazioni di Safety o di Security.
Security e Safety non sono che le due facce della stessa moneta: se durante un viaggio all’estero si verifica un incidente di security è probabile vi siano conseguenze di safety e viceversa.
RISCHI DI SAFETY | RISCHI DI SECURITY |
Minacce alla salute (virus, malattie, incidenti con animali, epidemie). | Attività criminali (furti, rapine, rapimenti, aggressioni e stupri) |
Condizioni meteo (uragani, alluvioni, terremoti, caldo/freddo eccessivi…) | Terrorismo (attentati, minacce di attentati) |
Incidenti: cadute, scivolamenti, incidenti automobilistici | Traffico (di armi, droga o di esseri umani). |
Sommario
ToggleUna domanda che spesso mi viene posta da viaggiatori di ogni tipo è: Chi è responsabile per queste situazioni?
A chi viaggia per turismo rispondo spesso che in definitiva – come nella vita – bisogna badare a sé stessi, informandosi sui rischi, mantenendo un basso profilo e prendendo sempre le dovute precauzioni.
Ma durante i viaggi di lavoro il concetto giuridico anglosassone di Duty of Care sta trovando un utilizzo estensivo nella giurisprudenza italiana ed europea.
La risposta per le aziende e le organizzazioni che hanno una personalità giudica è diversa: il Datore di lavoro è responsabile della opportuna valutazione dei rischi presenti in ogni viaggio di lavoro, della formazione e informazione dei citati rischi ai propri viaggiatori e della messa in opera di opportune strategie e delle contromisure di mitigazione dei rischi e, dove rischi residui permangono, di idonei mezzi di protezione.
Le conseguenze di una mancata compliance del Duty of Care, sono ormai vere e proprie spade di Damocle, a seguito delle ormai assodate normative sulla responsabilità giuridica di impresa (in Italia vedi legge 231[1])e dalla pubblicazione di importanti sentenze di condanna[2]. ( [1]https://www.officinagiuridica.it/cosa-e-legge-231/ [
2]https://www.repubblica.it/cronaca/2019/01/22/news/bonatti_manager_libia_condannati-217190906/).
Sia nelle aziende più grandi e strutturate – che si sono dotate di Security Manager dedicati – che in quelle più piccole, il Travel manager si trova sempre più coinvolto negli aspetti di gestione del rischio.
Del resto, chi scrive la Travel Policy?
Chi si occupa per l’azienda dell’organizzazione dei viaggi? Chi sceglie le compagnie aeree, gli alberghi da utilizzare?
La Travel policy ed il processo di autorizzazione dei viaggi ad esempio diventano la pietra d’angolo dei programmi di mitigazione di viaggio: la Travel Policy dovrebbe contenere la valutazione dei possibili rischi e delle minacce presenti nelle destinazioni, definendo requisiti di autorizzazione diversi per un consapevole processo di viaggio.
Ad esempio, in una destinazione di viaggio “a rischio” è sempre opportuno considerare la tipologia degli alberghi da utilizzare e privilegiare i servizi dell’albergo. La colazione in albergo, ad esempio per quanto costosa possa essere, in una logica ROI [1] in un paese che presenta rischi per un viaggiatore business avrà sempre un costo basso in comparazione alle possibili conseguenze di un approccio fai da te, da parte del viaggiatore. ([1] Ritorno sull’investimento. Nel Security Management si parla di ROSI return on security investment, nel Travel Management si parla di T-ROI, ma il concetto è lo stesso).
Il viaggio d’affari ha (letteralmente) per le aziende una finalità di guadagno: che si tratti di una installazione tecnica, di un viaggio commerciale, il rischio di un incidente potrebbe mettere a repentaglio la continuità del business, la ragione stessa del viaggio.
Protocollo di Travel Security
La Security deve essere vista come una “performance” dei processi e delle strutture organizzative: la capacità di garantire la sicurezza. Seguendo questo assunto l’adozione di un protocollo strutturato di Travel Security non solamente deve coinvolgere chi in azienda si occupa dei viaggi, ma può diventare per il Travel Manager un importante KPI di riferimento, utile per un benchmark sui diversi fornitori e per dimostrare il ritorno degli investimenti di Viaggio.
Parlando di ROI cito una interessante ricerca svolta da Ivor Terret del dipartimento di Criminologia dell’Università di Leicester e presentata quest’anno a Rotterdam in occasione del seminario ASIS EUROPE 2019.
La ricerca è stata condotta intervistando un panel di Security Manager, Travel Manager e Viaggiatori Business sull’adozione di misure di security visibili negli alberghi per capire quali effetti questo generava in termini di ROI.
Si evinceva che, in paesi dove – per motivi reale o per sovra-esposizione ai media – è maggiore la percezione dei rischi, aumenta la disponibilità del viaggiatore business a pagare tariffe più alte per avere alberghi che investono in misure di sicurezza.
Inoltre, la sicurezza della struttura risultava, secondo la ricerca, essere il terzo motivo di scelta dell’albergo dove il secondo era la location e la terza per importanza era la convenienza rispetto all’agenda del viaggio.
Basti pensare poi al recente caso degli incidenti del Boeing 737 MAX : le conseguenze mostrano bene quanto la stessa redditività d’impresa possa essere correlata alle performance di security.
Boeing ha perso miliardi di capitalizzazioni e faticherà molto a riguadagnare la fiducia dei viaggiatori (e degli azionisti) verso quello che era già considerato l’aereo best seller, ora messo a terra dalle compagnie di quasi tutto il mondo.
Nel calcolo del T-ROI può essere quindi utile contemplare dei KPI di Travel Security (che tengano conto dei rischi presenti nelle destinazioni di viaggio, della frequenza degli incidenti, della profilazione del viaggiatore, del rischio percepito e di quello analizzato).
Certificare la sicurezza dei viaggi di lavoro: la norma ISO 31030
L’esigenza di certificare la sicurezza del processo di travel da parte delle organizzazioni nasce dall’esigenza di poter dimostrare la sostenibilità del proprio business e l’assolvimento del Duty of Care.
Molte aziende hanno cominciato a tenerne conto nei piani e nei bilanci di sostenibilità.
Molte aziende hanno cominciato a tenerne conto nei piani e nei bilanci di sostenibilità.
La stessa ISO in questi mesi sta lavorando su un nuovo standard che tanto interesserà il settore Travel. La ISO 31030 “Travel Risk Management – guidance for organisations” è attualmente in revisione nei tavoli specialistici di tutta Europa, permetterà alle aziende di certificare il livello di maturità in termini di sicurezza del proprio programma di viaggio.
Il coinvolgimento del Travel Manager nel programma di Security dell’azienda (e viceversa) diventa un’opportunità.
Programmi di Travel Security Management permettono all’azienda diversi vantaggi:
Una gestione matura di programmi di Travel Security management aiuterà il business permettendo all’azienda di:
- viaggiare anche in paesi difficili, perseguendo nuovi orizzonti di business laddove prima era difficile, attraverso una gestione consapevole di rischi valutati e calcolati.
- ricevere informazioni tempestive sulle situazioni in atto e sull’esposizione agli stessi da parte del proprio personale.
- gestire con tempismo situazioni emergenziali quali evacuazioni mediche, evacuazioni di personale da aree colpite da eventi naturali o geo-politici.
- migliorare l’esperienza di viaggio dei business travellers rispondendo – anche in scenari difficili – ad una delle più importanti esigenze di ogni persona.
Continua a seguirmi per la seconda parte su Travel Risk Management.