Desidero esprimere alcune opinioni su di un argomento che, periodicamente, sale alla ribalta nei social dedicati al lavoro, Linkedin in testa: è lecito “Barare” sul proprio curriculum allo scopo di apparire professionalmente più appetibili durante il processo di selezione del personale? È furbo o conveniente farlo? O è meglio rimanere quelli che si è, proponendo nient’altro che se stessi, le proprie competenze ed esperienze, senza calcare inopportunamente la mano e senza, soprattutto, mentire al riguardo? Chi scrive non può avere dubbi, ovviamente, nel consigliare la più assoluta specchiatezza nel contenuto del cv e nella sua esposizione, ma esaminiamo alcune ragioni per cui questo deve senza dubbio avvenire.
È assolutamente bene non abdicare ad alcuni indispensabili punti etico/morali: e la specchiatezza è uno di questi. Così come noi non accetteremmo credenziali false, occorre evitare di presentarsi al mondo con il medesimo difetto di base; e questo ancora prima di porsi qualsiasi domanda al riguardo.
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ToggleLa corrispondenza cv/realtà è apprezzata dagli head hunters,
un elemento che non trova rispondenza nella realtà, o che viene riferito in modi diversi in più colloqui successivi, o che, a fronte di possibili riscontri oggettivi, si rivela non veritiero, invalida certamente e senza dubbio la credibilità di chi lo espone come proprio. In breve, il sospetto di scarsa o nulla veridicità si propaga all’intero CV, abbassando, spesso sino all’annullamento, il possibile valore della candidatura, e rendendo assai difficile, per utilizzare un eufemismo, la possibilità di candidarsi ad altre posizioni che si rendano disponibili presso la stessa società.
La presenza di falsità nel curriculum può pregiudicare l’esposizione ed il colloquio di selezione:
è normale che la coscienza di aver inserito elementi non veritieri porti ad uno stato di tensione che, soprattutto nei passaggi che li riguardano, ponga l’intervistato in condizioni emotive poco idonee alla condizione che sta vivendo. Non dimentichiamo che un colloquio di lavoro, anche come Travel e Mobility Manager, è sempre una situazione dietro cui si agita il fantasma del giudizio, della porta stretta, della situazione passa/non passa.
E non dimentichiamo che il selezionatore, alla ricerca di elementi che lo mettano in grado di comprendere l’idoneità dell’intervistato, può essere negativamente influenzato da manifestazioni di incertezza, nervosismo, tentennamenti, ricordi poco chiari, ed altro del genere. Può darsi anche che il selezionatore stesso coltivi una generale attenzione verso elementi poco chiari o poco lineari, e che sia proprio quest’attenzione a farli emergere con ancora maggior facilità.
La corrispondenza cv/realtà è conditio sine qua non per diverse aziende:
ogni e qualsiasi elemento che, dichiarato dal candidato all’azienda che lo assume, si riveli invece falso, può portare a contenziosi, e persino al licenziamento della persona assunta, perché incrina il rapporto di fiducia indispensabile per la prosecuzione del rapporto di lavoro. Se a ciò aggiungiamo la naturale possibilità che chi ha riscontrato l’anomalia cambi poi datore di lavoro e…blocchi il nostro cv alla prossima occasione, si comprende l’opportunità di comportarsi onestamente.
La dimostrabilità della propria efficacia professionale può venire compromessa dalle false dichiarazioni, a volte in modo pesante.
Al di là e prima delle possibili conseguenze sul rapporto di lavoro costituito o in via di costituzione, la valutazione e l’assunzione del candidato svolte sulla base di informazioni e/o dichiarazioni non veritiere potrebbe portare ad un inserimento non consono, su mansioni che richiedono conoscenze, competenze o caratteristiche personali poco o punto posseduti dal candidato, con conseguenze anche incresciose sull’esito del periodo di prova, o comunque con difficoltà a fornire i risultati che il datore di lavoro aveva sperato di ottenere.
Anche le difficoltà ambientali e di rapporto sono da tenere in considerazione: il gruppo dei pari livello, dei colleghi, spesso detetta in modo rapido eventuali aree lacunose nelle competenze dei nuovi arrivati, e lo stesso può essere fatto dal responsabile gerarchico, con esiti non certo positivi, dal trasferimento al demansionamento ed oltre.
Infine, ultimo ma non certo per importanza, chi “aggiusta” il curriculum tradisce scarsa stima della propria storia,dei propri successi, del proprio percorso, e dimostra di disistimare quella quota parte di esperienza professionale e di vita costituita dai fallimenti, dal seguire tracce sbagliate, dai progetti non completati, da fatiche mal dirette e non premiate, e da tutto quel Necronomicon che, lo si voglia o no, fa più o meno parte della vita e delle vicende di tutti coloro che, fallibili in quanto umani, un CV ce l’hanno e lo scrivono. Sennò dovremmo chiamarlo “Album Triumphalis” o qualcosa del genere, invece che CV.
Ed allora, invece che infiorare ed infarcire, piuttosto che celare e sottacere, meglio imparare, con più semplicità e senza inutili stratagemmi, ad esporre. Esporre noi, il nostro chi siamo, le nostre esperienze, le conoscenze e le competenze che pensiamo di avere; e poi le nostre preferenze, i nostri desideri professionali, i nostri progetti.
Non ha qui una straordinaria importanza il fatto che, cosa possibile, esse vengano giudicate non fittanti con la posizione in ricerca. Meglio “Veri” ed inadatti piuttosto che “Falsi” e “(falsamente) adatti”. Al più ne guadagneremo in reputazione verso chi ci ha intervistati, e potremo attenderci ulteriori proposte, più adatte a noi ed ai nostri obiettivi, ora che essi sono noti con maggior finezza. Le occasioni passano, ma chi le propone ha, di solito, una maggior longevità.
Nei prossimi articoli percorreremo insieme diversi aspetti della ricerca & selezione, privilegiando soprattutto quelli che interessano direttamente chi propone la propria candidatura; esamineremo il “Momento colloquio/intervista”, sperando di offrire elementi che possano trasformarlo in un’esperienza utile, interessante e positiva.