Quanto sono importanti i viaggi d’affari nell’economia globalizzata di oggi? Quali scenari economici futuri e quali trend i travel manager dovrebbero tenere in considerazione nel loro ruolo sempre più strategico nelle aziende? E quali sono i requisiti dei Paesi che potranno essere mete ideali di viaggi d’affari nel prossimo futuro?
A queste e ad altre importanti domande ha risposto l’intervento di Pierluigi Ascani, fondatore di Format Research, che in occasione della seconda convention nazionale della associazione dei travel e mobility manager tenutasi a Milano presso l’una Hotel Scandinavia lo scorso 26 settembre, ha indagato le politiche delle imprese e le tendenze economiche in relazione al business travel.
Ascani ha messo in evidenza come nel quadro globale degli scambi commerciali, il commercio internazionale è tornato a crescere a doppia cifra (+10%) nel 2018, facendo registrare un volume d’affari che nel mondo si attesta a oltre 1,4 trilioni di dollari, con una stima media annua di crescita di quasi il 5% da qui al 2022. Cina e Usa sono i Paesi che nel 2018 hanno speso di più nel business travel, seguiti sul podio dalla Germania.
In questa classifica l’Italia, con 34 milioni di dollari, si assesta al nono posto, posizione che come ha ricordato Ascani, secondo l’Annual Report and Global Forecast del GBTA BTI Outlook manterrà nel prossimo futuro in un quadro generale di proiezioni top spender che vede la spesa della Cina per il business travel aumentare di 130 miliardi di dollari fra 5 anni e quella dell’India in crescita del 73% nello stesso lasso di tempo.
“I dati dimostrano che esiste una perfetta proporzione e un parallelismo diretto tra l’andamento dell’attività economica delle imprese e gli investimenti in mobilità e viaggi d’affari, da un punto di vista sia quantitativo sia qualitativo” spiega Ascani.
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ToggleFocus sull’Italia: export e fattori di sviluppo
Scendendo nel dettaglio della situazione del nostro Paese, secondo l’indagine continuativa sulle imprese italiane realizzata da Format Research, sulla base dei dati Istat 2019 il fatturato prodotto all’estero rappresenta il 46,5% del totale delle imprese italiane che internazionalizzano e tra i fattori che, più di altri, spingono le imprese a internazionalizzare le prime voci sono lo sviluppo dell’impresa e la dinamicità dei mercati esteri. In questo quadro tra le imprese che esportano, il 93,9% lo fa nei Paesi UE, il 62,8% nei paesi EXTRA UE, il 58,0% nel Nord America, il 53,0% in Estremo Oriente, il 49,0% nel Medio Oriente, il 44,1% nel Sud America, il 31,0% in Africa.
In particolare, tra i fattori che spingono le imprese italiane a internazionalizzare vi sono, tra i primi posti, la crescita dell’impresa (51%), la valutazione del mercato italiano come meno dinamico rispetto ad altri esteri (47%) e la troppa concorrenza del mercato italiano (31%).
Business Travel Index: valore commerciale, investimenti e sicurezza
Quali sono i principali indicatori utilizzati per individuare i Paesi che – almeno sulla carta – si presentano come i più indicati per i viaggi d’affari? A questo quesito risponde il Business Travel Index (BTI) di Format Research. I primi fattori individuati sono il valore degli scambi commerciali di un Paese, gli investimenti in termini di opportunità, attrattività e fiducia e la sicurezza, in termini di stabilità socio-economica e certezza dei crediti.
“Alla luce di tutti i dati emersi il parallelismo tra andamento economico e business travel è evidente anche nel nostro Paese – spiega Ascani – , soprattutto perché l’Italia è molto esposta alle diverse situazioni di crisi dei Paesi mercati di sbocco delle nostre esportazioni, in un momento per altro in cui per l’export diventa più complicato fare i numeri del passato anche per via dell’instabilità politica di cui soffrono Paesi in cui questo fenomeno era sconosciuto fino a poco tempo fa.
Si deve tenere presente infatti che l’instabilità politica generalmente si accompagna una certa instabilità nei pagamenti dei crediti, e in situazioni difficili viene meno l’appoggio di tutto il sistema-Paese, anche per vedere riconosciuti i propri diritti. La sicurezza, tra gli indicatori che compongono il Business Travel Index, pesa per il 27% nell’identificazione delle aree più interessanti per i viaggi d’affari. Da tenere presente infatti è che un Paese non deve essere necessariamente in guerra per rappresentare un pericolo per i collaboratori, esistono situazioni diverse che hanno a che fare col clima, con atti di terrorismo o relativi alla sicurezza alla persona, ma anche legati alle condizioni sanitarie”.
Senza Travel manager? Come vincere la guerra con arco e frecce
Questi aspetti riguardano da vicino anche il ruolo aziendale del travel manager, come ben sottolinea Ascani.
“In Italia le imprese che fanno business veramente sono circa 4 milioni e 200 mila, di queste soltanto 92mila fatturano oltre i 2 milioni e mezzo. I dati ci dicono che il 60% delle grandi imprese internazionalizzano e si muovono all’interno del Paese e all’estero. Non è pensabile che aziende di queste dimensioni non solo non si dotino di un travel manager, ma di un travel manager capace e qualificato, che abbia esperienza e una capacità di visione in grado di soddisfare le esigenze dell’azienda per la quale lavora. Sarebbe antistorico, come vincere la guerra con arco e frecce, quando invece il mondo è totalmente cambiato”.