Le aziende, nel tempo, si sono dotate di strumenti e formalizzato documenti per meglio gestire le direttive della direzione e uniformare il comportamento di dipendenti e collaboratori.
Le generiche policy aziendali inizialmente riguardavano le norme di comportamento che il lavoratore doveva tenere in azienda prevedendo indicazioni di tipo direttivo ed etico.
Poi, per necessità sempre più crescenti, le aziende a seconda del modello di business, hanno iniziato a redigere tali policy integrandoli con altri moduli come: la travel policy per i viaggi e le trasferte, la “car policy” per l’utilizzo dell’auto aziendale e così via.
Tutto questo con lo scopo di definire in maniera preventiva, regole, limiti e responsabilità del dipendente. Anche l’azienda non si sottrae alle proprie responsabilità e le richiama normalmente nella policy.
In seguito alle molte vertenze che nell’ultimo periodo hanno coinvolto aziende e sindacati sull’utilizzo dei Social da parte dei lavoratori, si rileva un numero crescente di organizzazioni che definisce al suo interno anche la “Social Policy”: strumento per spiegare in maniera ufficiale limiti e regole per l’utilizzo dei Social network da parte dei propri collaboratori.
Sono un esempio i casi di lavoratori che in malattia, o utilizzando in modo improprio la legge 104, sono stati postati sui social magari a loro insaputa dai figli o dagli amici, beatamente distesi in spiaggia, a pesca o con il gruppo degli sbandieratori durante una sagra di paese. Casi che possono portare al licenziamento diretto da parte dell’azienda e a volte con poche possibilità di replica da parte del lavoratore.
Ma ci sono innumerevoli casi in cui si può recare danno all’azienda e che non sono ancora disciplinati.
Uno di questi casi è la perdita di reputazione o danno al brand, per un’eccesiva esposizione di critiche a un dirigente o a un capo dell’azienda stessa, che porta a seguito di molte condivisioni e commenti negativi e like, alla sopra descritta perdita d’immagine aziendale.
Un’altra situazione che ha attirato l’attenzione delle aziende sono le informazioni relative all’esito d’incontri business legati a clienti o a prodotti che potrebbero in qualche modo dare un vantaggio alla concorrenza e far perdere il business all’azienda.
Ultimo, ma non meno importante, riguarda l’immagine trasmessa attraverso le foto nei profili personali. Un manager deve avere cura del proprio profilo social ed essere coerente con il ruolo che ricopre in azienda. Deve tenere in considerazione che un post, un commento, o una foto una volta in rete lo è per sempre. Sappiamo tutti ormai bene che prima di incontrarci e stringerci la mano, un nuovo cliente o un fornitore va sul nostro profilo di facebook o linkedin, e si fa un’idea di chi siamo. Pertanto attenzione alle foto o a ciò che postiamo; riserviamo le nostre foto più intime ai nostri cari. Ovviamente grazie al nostro profilo possiamo costruire una presentazione su misura per come vogliamo essere riconosciuti.
Come si può intuire, una “social policy” si integra perfettamente con la “travel policy” ; ne è un elemento di cui le aziende dovrebbero tenere presente. Questo specialmente per i viaggiatori d’affari che, magari inconsapevolmente, trasferiscono informazioni attraverso i social relativi alle attività aziendali,ai trasferimenti su sedi o a incontri con clienti o fornitori strategici.
Guardiamo semplicemente cosa succede quando ci colleghiamo al WiFi di un Hotel. Spesso, se non abbiamo dato autorizzazioni diverse, la nostra posizione viene immediatamente riconosciuta da Facebook che la mette a disposizione così com’è in rete. “Oggi mi trovo a Parigi!”
Per dei concorrenti il sapere dove si trova un manager o un venditore di un’azienda può essere rilevante? Può far intuire mosse strategiche per nuovi business?
Lasciamo a voi lettori dare una risposta.
Ma ci sentiamo di dire che oggi, definire una “social policy” coerente anche con la “travel policy” è diventato necessario, per tutelare non solo l’azienda ma anche per informare correttamente il dipendente che un uso improprio o inconsapevole dei social in viaggio possono potenzialmente creare un danno. Ecco perché normare certi comportamenti è utile per la reputazione aziendale, ma anche per quella del collaboratore.