“Occorre fare chiarezza sulle molteplici e contradditorie informazioni che alimentano scelte e decisioni troppo spesso non basate su evidenze scientifiche”. Così introduce Simon Paolo Buongiardino Presidente di Federazione Nazionale Commercianti Motorizzazione e Assomobilità gli Stati Generali della Mobilità.
Il presidene continua dicendo che “Se è giusto affrontare il tema dell’inquinamento, anche se troppo spesso siconfondono i fattori inquinanti con i fattori clima-alteranti, non bisogna dimenticare che l’approccio deve avvenire mettendo al centro l’individuo, ovvero l’utente, che è nello stesso tempo fruitore di mobilità e inquinatore in senso lato”.
La mobilità, stando alle sue parole, “deve rispondere a tutte le esigenze della popolazione, per fasce di età, per dimensione del nucleo familiare, per disponibilità economiche, per durata degli spostamenti, per quantità di merce da trasportare”.
Ecco che allora il concetto da salvaguardare è “una risposta di mobilità adatta ad ogni individuo e ad ogni circostanza. Le scelte da compiere devono essere guidate dalla neutralità tecnologica, ovvero non si può dare per assunto il favorire una sola modalità, ma occorre fissare un obiettivo di contenimento degli inquinanti o clima-alteranti e valutare le alternative di risposta potenziali, basandosi su evidenze scientifiche certificate da soggetti terzi autorevoli”.
Questo è stato il cuore del convegno sugli Stati Generali della Mobilità, giunto alla sua seconda edizione sul quale i diversi relatori succedendosi sul palco hanno portato contributi di valore e punti di vista molto interessanti.
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ToggleLa ricerca di Format Research: il settore automotive
Un comparto, quello dell’automotive, che vede ancora oggi nonostante la crisi, impiegati direttamente e nell’indotto 427.307 addetti e più di 124.000 imprese. Un settore, come ha riportato nella presentazione di Format Research il Proff. Pierluigi Ascani, il 2.8% degli occupati Italiani.
Dopo aver superato la crisi del 2008/2011 e qualche anno di ripresa, si sta riscontrando un nuovo calo di fiducia e soprattutto l’incertezza di un mercato al quale arrivano segnali contraddittori e poco chiari che ne aumentano l’instabilità.
In questa fase di transizione all’elettrico e ai nuovi modelli di autovetture, infatti sempre secondo la ricerca, solo la metà delle aziende si sta riconvertendo e attrezzando con nuovi strumenti e si tratta delle aziende medio grandi con più di 49 addetti. Mentre il numero cala vertiginosamente fino ad azzerarsi, al pari delle dimensioni aziendali.
Come si muovono le imprese rispetto all’elettrificazione
Le imprese che non sono ancora pronte, dichiarano di avere incontrato difficoltà per i costi troppo alti sia per l’attrezzatura, sia per la formazione, oltre ad una carente progettualità sullo sviluppo dell’elettrico sull’intera filiera.
La metà delle imprese del settore automotive concordano sul fatto che dovrebbero essere garantiti programmi di formazione per supportare le imprese nel passaggio all’elettrificazione. Per loro il Governo dovrebbe poi prevedere progetti di formazione mirati e distribuiti con l’ausilio delle associazioni di categoria per garantire accesso e fruibilità per tutti.
In mancanza di tutto ciò il rischio è di avere tecnici non in grado di fare assistenza e quindi fuori dal mercato, oppure tecnici che si apprestano comunque a mettere mano sulle autovetture senza sapere cosa fare, improvvisando. Anche se come confermato anche dagli interventi successivi l’elettrificazione arriverà solo al 25% nei prossimi 10 anni e dovranno passarne più di 20 anni per toccare il 50% dei veicoli circolanti.
Come gestire la mobilità adesso
L’Italia ha un parco vetture circolante molto vecchio, la media supera i dieci anni e la propensione alla sostituzione è in forte calo, quindi il parco è destinato ad invecchiare ulteriormente.
Proviamo a mettere un po’ di ordine partendo dalla disinformazione che è stata diffusa nell’ultimo periodo sulle vetture diesel. Appurato che nei prossimi almeno 10 anni più dell’80% del parco circolante sarà ancora con motore termico e che la motorizzazione euro 6 abbatte di circa il 95% confronto ad un euro 1° euro 0 le emissioni di C02 e di PM 10, e che il diesel emette meno CO2 del motore a benzina, dovrebbe essere ancora incentivato nei prossimi anni e molto diffuso. Invece le disinformazioni hanno creato delle turbative di mercato e bloccate le vendite.
Pertanto è chiaro che sarà necessario sostituire le vecchie auto con quelle più nuove per diminuire l’inquinamento generato dalla mobilità. Se però queste non saranno elettriche per diversi motivi tra cui il costo è sbagliato non utilizzare quello che già oggi è in condizione di migliorare lo stato attuale.
La mobilità è un fenomeno di massa e non può essere un beneficio per pochi
Bloccare ed impedire semplicemente la libera circolazione delle persone, può creare enormi disagi e difficoltà alle fasce più deboli della popolazione. Questo in particolare in quelle città dove i servizi pubblici sono inefficienti e mancano sia i posteggi periferici sia le infrastrutture. In città come Torino, ad esempio, la scelta del prolungamento della ZTL non porterà nessun beneficio né al traffico né all’ambiente, solo perdita di valore per il commercio e il turismo.
Questo lo dico in quanto pienamente convinto che si debba intervenire sulle emissioni sia quelle inquinanti che quelle clima alteranti. Ma si deve anche essere consapevoli che la mobilità grava, fatto 100, solo per il 20% del totale e che la fonte di inquinamento maggiore nelle aree urbane è dovuta al riscaldamento civile, all’industria e anche all’agricoltura.
Si deve intervenire sul trasporto pubblico locale in quanto non si può impedire l’accesso alle auto e far circolare autobus vecchi di 20 anni superinquinanti!
Un altro aspetto molto importante che è stato evidenziato è quello della sicurezza.
Le auto e soprattutto i veicoli industriali, quelli di nuova generazione sono obbligatoriamente dotati di alcune dotazioni “ADAS” molto importanti come la frenata automatica anti-collisione e il mantenimento della corsia di marcia. Per fare un esempio l’incidente di Bologna se avesse riguardato un veicolo immatricolato negli ultimi due anni non sarebbe accaduto.
Chiediamoci allora il perché si concedono 6000 euro di incentivo per acquistare una vettura il cui costo è di più di 50000 mentre non si aiuta il pensionato a sostituire la sua vecchia punto del 1998? Anzi gli si dice se non puoi sostituirla non circoli più ledendo un diritto fondamentale della persona di potersi liberamente spostare.
Un altro concetto fondamentale che si deve tenere in considerazione riguarda il ciclo di vita dell’auto rispetto alle emissioni. Ovvero nella valutazione di impatto ambientale non si deve valutare solo quanto e come consuma energia mentre circola, ma quanto è stato il suo impatto ambientale dalla nascita allo smaltimento comprese le emissioni sviluppate per produrre ad esempio l’energia elettrica, in un Paese come l’Italia solo il 17% dell’energia è prodotto da fonti rinnovabili.
La ricerca del Politecnico di Milano
Per finire, segnaliamo anche l’interessante ricerca presentata dal Prof. Sergio Savaresi del Politecnico di Milano, il quale ha dimostrato come l’auto elettrica a differenza delle altre si ricarica quando la persona fa altro, dorme a casa o è al lavoro. L’auto elettrica l’ideale, sarà quella di piccole dimensioni con un’autonomia di 150 /200 km più che sufficiente per gli spostamenti del 20% delle persone che non fanno più di quei Km al giorno.
Si è inoltre dimostrato, quanto dovrebbe essere alto l’investimento infrastrutturale per fare salire la percentuale di diffusione dell’elettrico di qualche punto. Oltre alla necessità di consentire maggiore autonomia alle auto e ricariche veloci per aumentarne la diffusione.
La diffusione di auto elettriche invece potrebbe salire di molto, se a una buona fetta di popolazione per pochi giorni all’anno si agevolasse l’utilizzo del rent-a-car o del car-sharing per il bisogno limitato.
Enel-X investe e accompagna la mobilità elettrica
In conclusione, del convegno, Enel-X ci ha raccontato con il Dott Luigi Ottaiano degli sforzi che vede l’azienda impegnata sul progetto mobilità e la diffusione delle stazioni di ricarica:14 000 nel 2019 che saliranno a 28000 il prossimo anno.
Molto interessante anche la spiegazione di come le diverse istallazioni per le ricariche vengano distribuite a seconda delle necessità d’utilizzo. Ricarica in 10/12 ore per le utenze private pari alle ore del sonno, 6/8 ore per le utenze corporate pari al fermo per l’impegno lavorativo; ricariche veloci 30 minuti che arriveranno anche a pochi minuti con le prossime autovetture per le stazioni presenti in autostrada vie di grande comunicazione.
Tra le diverse rappresentazioni d’interesse, non vi è stata contrapposizione, anzi è emersa l’assoluta necessità di integrare le diverse soluzioni per incidere in modo positivo sulle emissioni inquinanti. Sulla necessità di gestire la fase di transizione all’elettrico sviluppando e creando nuove professionalità attraverso la formazione e la tecnologia.
L’obiettivo di tutti rimane quello di rispondere alla domanda di mobilità di massa delle persone, senza l’esclusione delle fasce più deboli facendo perdere di fatto il diritto alla mobilità negli anni conquistato. Non vorrei vedere in futuro solo i più ricchi o chi si può permettere un certo tipo di veicolo circolare, e gli altri a piedi come succedeva nell’800 quando a fronte di pochi in carrozza la maggior parte non usciva di casa!
Auspico che questo messaggio sia raccolto dalla politica. La Politica deve in modo realistico, con neutralità tecnologica e deideologizzata presentare progetti e soluzioni partendo dal presente, tenendo conto dell’innovazione futura ma deve essere una mobilità alla portata di tutti, a beneficio delle persone e dell’ambiente.