Se c’è una cosa che ho imparato negli ultimi anni parlando con chi, come William Gandolfi, si occupa di viaggi aziendali, è che non si tratta più solo di biglietti aerei e prenotazioni alberghiere. Non più. Il TTG Travel Experience, con la tavola rotonda dedicata al business travel moderata da Travel for business ieri, ha messo in luce qualcosa di molto più profondo: la trasformazione della mobilità aziendale in un vero e proprio motore di crescita strategica.
William Gandolfi, Travel e Global Mobility Manager del Gruppo AB, ha risposto con una chiarezza a un paio di domande che sono il cuore di questa rivoluzione.
La prima riguardava il cambiamento profondo che la mobilità aziendale sta attraversando. La pandemia ha accelerato processi già in atto, spingendo le aziende a ripensare il modo in cui i dipendenti viaggiano. Il lavoro a distanza e l’adozione di strumenti digitali hanno ridotto la necessità di viaggi fisici, ma allo stesso tempo hanno fatto emergere nuove modalità di mobilità, come il “bleisure” (unione di lavoro e svago) o il “workation” (lavorare mentre si è in vacanza). Questi cambiamenti, però, sono davvero rappresentati nei dati che le aziende raccolgono sui propri viaggiatori?
Gandolfi non ha esitato a rispondere con un deciso “no”. Secondo lui, i dati raccolti oggi non riflettono in maniera adeguata le trasformazioni in atto. E come dargli torto? Spesso ci limitiamo a registrare i classici numeri: quante persone viaggiano, dove, per quanto tempo e con quali costi. Ma la vera essenza dei cambiamenti – la crescente attenzione alla sostenibilità, la sicurezza, la gestione dei rischi e le nuove modalità di lavoro – sfugge. Sì, perché dietro ogni viaggio ci sono dinamiche che i numeri puri non riescono a catturare. L’esperienza dei viaggiatori sta cambiando a una velocità impressionante, ma gli strumenti di analisi attuali non riescono ancora a cogliere questa complessità.
Come possono i travel manager contribuire attivamente alla crescita aziendale e sfruttare i dati in modo più strategico? Qui la risposta di Gandolfi diventa una vera e propria riflessione sull’evoluzione del ruolo del travel manager.
Nel passato, i travel manager erano visti come figure operative, responsabili principalmente della logistica dei viaggi. Oggi, invece, il loro ruolo si sta ampliando. Gandolfi ha sottolineato che i travel manager possono e devono diventare protagonisti strategici, aiutando l’azienda a prendere decisioni più informate e a sviluppare politiche di viaggio che supportino direttamente il business. Non solo ottimizzare i costi, ma anche migliorare il benessere dei viaggiatori e, in ultima analisi, la produttività. Pensateci: un dipendente che viaggia sereno, che sa di essere in un ambiente sicuro e che percepisce un’attenzione al proprio benessere, è un dipendente più produttivo, più motivato, e probabilmente meno incline a lasciare l’azienda.
E non è tutto. Gandolfi ha evidenziato l’importanza di un cambio di mentalità. “Il viaggio è molto di più che spostarsi da A a B”, ha detto con convinzione. Se lo vediamo solo come un costo, allora sì, ogni volo prenotato sarà solo una spesa da contenere. Ma se cominciamo a vedere il viaggio come un’esperienza a 360 gradi, un momento di crescita personale e professionale, allora tutto cambia. Un viaggio d’affari diventa un’opportunità per entrare in contatto con nuove culture, stringere relazioni preziose e, sì, anche per rigenerarsi. Perché non possiamo dimenticare che un viaggiatore aziendale è prima di tutto una persona, e il suo benessere incide direttamente sul suo rendimento.
Ma torniamo ai dati. Come usarli meglio? Gandolfi ha insistito sull’importanza di un’analisi più sofisticata e mirata. Non basta raccogliere informazioni storiche, bisogna sfruttare tecnologie innovative come l’intelligenza artificiale e il machine learning per analizzare i dati in tempo reale. Questo permetterebbe di identificare trend emergenti, capire quali mercati stanno cambiando e dove ci sono opportunità per far crescere il business. Inoltre, i dati possono aiutare le aziende a migliorare l’engagement dei dipendenti, specialmente in un periodo come quello attuale, segnato dal fenomeno delle “grandi dimissioni”. Un ambiente di lavoro che valorizza l’esperienza di viaggio dei propri dipendenti è un ambiente più attrattivo per i talenti, vecchi e nuovi.
Gandolfi ha colto perfettamente l’essenza di questo cambiamento: il viaggio aziendale non è più una variabile da ottimizzare, ma una leva da utilizzare per migliorare il business. E i travel manager, con le giuste competenze e strumenti, possono diventare veri architetti di questa trasformazione.
Insomma, se il business travel sta cambiando, lo stesso deve fare la nostra visione di esso. Un viaggio d’affari non è solo un volo e una stanza d’albergo: è un investimento nelle persone e, in ultima analisi, nel futuro dell’azienda.
Questa è la nuova era del travel management, e Gandolfi ci ha dato una chiara visione di come affrontarla.