Oggi se ne parla quotidianamente e si legge sui giornali di iniziative di car pooling atte a favorire gli spostamenti, come ad esempio a Genova, dove i problemi di mobilità incentivano le persone a trovare soluzioni per alleggerire il traffico e ridurre le auto in circolazione.
Il car pooling viene descritto da molti come una modalità nuova e responsabile di utilizzo dell’auto, un modo per favorire lo sviluppo dei rapporti sociali e le relazioni tra le persone, spesso sole durante gli spostamenti.
Ma quando è nato il car pooling?
Secondo me molto tempo fa ed è iniziato con l’autostop, dove il viaggiatore richiedeva un passaggio a chi si stava recando da una destinazione all’altra, ed è cresciuto poi, fino alla vera e propria organizzazione degli equipaggi in forma più strutturata avvenuta qualche anno dopo, per arrivare ad oggi ai vari Bla Bla Car, JoJob, Moovit e molti altri.
Di certo, chi fa parte della mia generazione ricorderà delle difficoltà legate ai pochi soldi in tasca e ai pochi amici in possesso di un’auto, fattori che obbligavano “la compagnia” alla composizione di equipaggi e alla condivisione dei veicoli in modo organizzato ed efficiente per poter stare e muoversi tutti insieme.
Si riusciva a volte, per necessità, a stare anche in sette o otto su un’utilitaria, ditemi se questo non era car pooling!
Ai tempi, non avevamo la possibilità di utilizzare strumenti digitali o APP per strutturare il servizio, spesso, ci si organizzava all’uscita dalla scuola o al bar e molte volte l’appuntamento era fissato da una settimana per l’altra; ma, in auto soli non ci si andava mai.
Era perfettamente normale, un’abitudine consolidata, combinare l’auto al completo per andare allo stadio, alla partita o al concerto. Ci si organizzava in equipaggi per il solito giro del sabato sera detto “dell’economia” o spostarsi tutti insieme con poche auto alla sagra del paese vicino.
Gli equipaggi si componevano sempre spontaneamente: le ragazze sull’auto nuova da provare in tutto e per tutto e chi non riusciva a salire all’andata era prenotata per il ritorno; mentre tutti gli altri, sulle solite auto a disposizione ormai desuete, pregando di non stare fermi per strada e spingere.
Chi metteva l’auto non pagava nulla e anche le ragazze di solito non pagavano il passaggio. Viceversa, il resto della compagnia divideva il costo del carburante e offriva da bere al driver. Erano le regole dell’inconsapevole car pooling degli anni ’80 non formalizzate, non scritte, ma non così diverse da quelle di oggi.
Altre esperienze di car pooling, strutturate con il rimborso spese del viaggio da parte dell’equipaggio al proprietario dell’auto, posso testimoniare sono avvenute durante il periodo del mio servizio militare (1982/1983).
Normalmente sia per la libera uscita serale che per andare in licenza, chi era in possesso dell’auto offriva il passaggio ai commilitoni in cambio del rimborso dei costi. Per andare in città per la serata o alla stazione per il treno, la condivisione dell’auto consentiva la razionalizzazione della spesa e un miglior utilizzo del veicolo.
Una delle performance maggiormente gettonate a quei tempi era la gara di quante persone entravano in una 500, peccato non avere avuto il telefono con la fotocamera per documentare i fatti. Tuttavia, vi assicuro che almeno 10 persone le ho contate, su una recente copertina del Time in una foto se ne contano addirittura 14, più sharing di così non si può!
Questi ricordi dimostrano come la condivisione dell’auto già allora era una pratica diffusa. Dimostrano come le attuali applicazioni digitali non siano altro che l’organizzazione strutturata di modalità già in uso nel passato per l’organizzazione del trasporto e degli equipaggi e non hanno inventato nulla di nuovo.
Sperando di avervi divertito con questo racconto. Sarei molto contento se qualcuno di Voi avesse vissuto qualche “Episodio Storico” di car pooling e lo volesse raccontare alla community di Tfb per avvalorare la mia tesi che il car pooling ha più di 40 anni!