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ToggleL’Osservatorio del Politecnico di Milano conferma il futuro dello smat working positivo: oltre 3,5 milioni di lavoratori da remoto e una tendenza sempre più flessibile
Il 29 ottobre il Convegno dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano è stato un’occasione interessante per valutare quanto il futuro dello smart working sia al centro del panorama lavorativo italiano. Oggi in Italia ci sono oltre 3,5 milioni di smart workers e la tendenza sembra destinata a crescere. La ricerca prefigura un 2025 in cui il numero di lavoratori da remoto sarà destinato a crescere addirittura del +5%. Le imprese sono infatti sempre più convinte delle opportunità economiche e di performance garantite dallo smart working, oltre ad aver compreso come sia una leva per attirare nuovi talenti. D’altronde anche il Pubblico è al lavoro per nuove regole riguardo al nuovo accordo per i contratti dei dipendenti statali. Un aspetto da non sottovalutare è anche il beneficio che il lavoro da remoto prospetta ad una mobilità sostenibile.
La crescita dello smart working
Nonostante i pronostici catastrofistici, lo smart working continua a riscuotere successo tra molte aziende. Il Politecnico ha calcolato 3,55 milioni di smart workers in Italia. Il numero ha subito una leggera flessione rispetto ai 3,58 milioni di lavoratori del 2023, tuttavia le proiezioni per l’anno prossimo parlano di cifre in crescita. Nel 2025 questo modello lavorativo registrerà presumibilmente un +5%, soprattutto grazie alle grandi imprese che puntano su vantaggi economici e dipendenti più soddisfatti e propositivi. Eh sì, perché è proprio l’apprezzamento dei lavoratori a fare la differenza sull’adozione o meno dello smart working.
Durante la pandemia il lavoro da remoto era un’esigenza, una modalità di lavoro imposta da cause di forza maggiore. Una volta esaurita l’emergenza, lo smart working aveva rivelato tutta le sue potenzialità dimostrandosi come un’opzione quasi irrinunciabile. L’Osservatorio rileva che il 75% dei lavoratori in smart working non è disposto a rinunciarvi a cuor leggero. Il 46% è disposto a convincere il datore di lavoro a mantenere questa modalità di lavoro. Ma la considerazione ancora più rilevante è che sempre più lavoratori sono disposti a cambiare lavoro se dovessero perdere la possibilità dello smart working: il 27%; oppure a richiedere compensazioni. Alcuni sono pronti a rivendicare una maggiore flessibilità oraria o un aumento del 20% del salario.
Perché lo smart working aiuta le aziende?
Oltre a rendere i lavoratori più felici e soddisfatti, lo smart working aiuta le stesse aziende. Ogni giorno è sempre più evidente quanto un sano equilibrio tra vita privata e vita professionale, quello che oggi si chiama work-life balance, sia un toccasana anche per la buona reputazione dell’impresa. Anzi, garantire una percentuale di lavoro in smart working è oggi un fattore di grande attrazione per le aziende che vogliano rimanere competitive e attirare nuovi talenti. Ma rimanendo all’interno dell’azienda, i dipendenti più produttivi sono proprio quelli che si sentono sereni e soddisfatti. Avere un datore di lavoro che rispetti la propria vita personale e riconosca l’importanza del tempo libero non può che mettere le persone nella migliore predisposizione a fare del proprio meglio sul posto di lavoro. I dati emersi dall’osservatorio dimostrano che lo smart working ha un impatto positivo su tutto questo (oltre ad un evidente risparmio sui costi aziendali).
Insomma, considerando quanto detto finora e soprattutto in virtù dei numeri positivi e dei trend in crescita relativamente allo smart working, possiamo dire che questo modello è destinato a rimanere e a consolidarsi. D’altro canto, perché le imprese dovrebbero rinunciare ad una pratica che migliora le performance interne allineandosi alle nuove esigenze del mercato del lavoro? Diciamolo, sarebbe sciocco.
Lo smart working è solo positivo?
Il Report smart working 2024 realizzato da Great Place to Work Italia, oltre a confermare i dati sottolinea un altro aspetto più problematico che potremmo sintetizzare nel proverbio latino “aurea mediocritas”. Le aziende che hanno scelto di adottare un modello quasi full-remote (quindi lasciando la possibilità di lavorare ben quattro giorni a settimana da casa) hanno sfidato le logiche organizzative, gli strumenti a disposizione e anche le capacità manageriali. Il primo rischio è quello di compromettere l’unità del team e di scompaginare i processi interni.
Per di più mobilità e flessibilità sono destinati a trasformare profondamente il concetto di ambiente lavorativo, con delle propaggini che influenzeranno anche il mercato immobiliare. Edenred Italia, leader nel settore degli employee benefit, sottolinea che il 58% dei nuovi edifici è progettato per offrire spazi in cui le persone possano vivere e lavorare.
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Photocredit: Michael Burrows