Dopo una laurea in Scienze Statistiche Demografiche e un percorso professionale ricco e qualificato, Patrizia Grossi è oggi il nuovo Mobility Manager di ISTAT, l’ente pubblico di ricerca italiano. Per la community di Travel for business ho raccolto, con questa piacevole intervista, la sua esperienza di come si diventa Mobility Manager e perché oggi questo ruolo è così importante.
Sommario
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Patrizia, qual è stato il tuo percorso professionale prima di essere nominata Mobility Manager
Dopo la laurea in Scienze Statistiche Demografiche ho iniziato a lavorare come Ricercatrice a progetto all’Istituto Superiore di Sanità (ISS), occupandomi principalmente di prevalenza e incidenza dei casi di AIDS.
Dal 1996 lavoro presso l’Istituto Nazionale di Statistica dove ho piantato le mie radici e dove ho avuto la possibilità di crescere con ruoli diversi: dalla pianificazione e programmazione delle attività degli organi di rilevazione nell’ambito delle indagini censuarie, demografiche, ambientali, sociali ed economiche che prevedevano un coinvolgimento territoriale, all’organizzazione dei Censimenti Generali.
Poi mi sono concentrata sulle risorse umane, come responsabile dell’iniziativa “Benessere organizzativo e disability management” e ancora come responsabile della Dirigenza degli Uffici territoriali per l’Abruzzo, il Molise e il Lazio, in seguito responsabile dell’iniziativa “Sistema di supporto ai progetti da Atti Negoziali” e infine responsabile della “Gestione delle risorse umane, organizzazione e aspetti amministrativo-contabili della Direzione dei Censimenti”.
Tuttavia, ritengo che l’esperienza più vicina a questo mio nuovo incarico di Mobility Manager per Istat sia il fatto che io rivesta un ruolo attivo, come componente effettivo, nel Comitato Unico di Garanzia (CUG).
Come sei diventata Mobility Manager?
A marzo del 2020 l’Istat ha attivato una procedura interna di valutazione comparativa finalizzata all’individuazione del Responsabile della Mobilità Aziendale ai sensi del D.M. 27 marzo 1998, recante norme in materia di “Mobilità sostenibile nelle aree urbane”, alla quale ho partecipato con entusiasmo inviando, oltre al Curriculum Vitae, una lettera motivazionale che evidentemente mi ha consentito di rientrare nella lista di persone idonee al colloquio.
A fine luglio 2020 in considerazione della professionalità ritenuta maggiormente adeguata in sede di valutazione della documentazione prodotta e in sede di colloquio, mi viene conferito l’incarico di Responsabile della Mobilità Aziendale dell’Istituto nazionale di statistica, per la durata di tre anni, rinnovabili.
Che cosa vuol dire per te essere Mobility Manager?
Per me essere la Mobility Manager comporta in prima istanza essere il facilitatore di scelte di mobilità più sostenibile, per i dipendenti, miei colleghi, ma anche per l’Istituto stesso.
Ponendo al centro “la persona” ho analizzato un data set di informazioni per tentare di semplificare e ottimizzare gli spostamenti tra i domicili dei miei colleghi e le sedi dell’Istituto, creando le condizioni adeguate a garantire che gli spostamenti casa-lavoro siano il più possibile agevoli, senza sacrificare valori umani ed ecologici sempre più essenziali.
Perché il Mobility Manager è importante oggi per le aziende?
Uno dei tanti aspetti della nostra vita che ha subito profonde trasformazioni a causa della pandemia è quello riguardante gli spostamenti tra la casa e il luogo di lavoro. In molti comparti della pubblica amministrazione, ma anche nel privato, è stato favorito, lo smart working straordinario come modalità di lavoro principale, ma non tutte le attività lavorative possono adottare tale modalità organizzativa, ed è anche per questo che il recente DL Rilancio ha reso obbligatoria per le imprese con oltre 100 dipendenti – e con sede in un capoluogo di Regione, in una Città metropolitana, in un capoluogo di Provincia o in un Comune con popolazione superiore a 50 mila persone – la presenza di un “Mobility Manager”.
L’azione del Mobility Manager è particolarmente importante, perché gli spostamenti casa-lavoro sono i maggiori responsabili della congestione del traffico, dell’incidentistica stradale e di emissioni di CO2. Le aziende, oggi, dovrebbero prendere coscienza della propria “responsabilità sociale” e del fatto che l’attività del Mobility Manager apporta benefici per il dipendente, per l’organizzazione e per la collettività.
I vantaggi per il dipendente sono principalmente rappresentati da minori costi del trasporto, riduzione dei tempi di spostamento, diminuzione del rischio di incidenti, minori stress psicofisici per la guida nel traffico, benefici per la salute, socializzazione tra colleghi.
I vantaggi per l’organizzazione si possono identificare in regolarità nell’arrivo dei dipendenti alla sede di lavoro, maggiore socializzazione con probabili guadagni in termini di produttività; aumento dell’accessibilità; rafforzamento dell’immagine aziendale aperta ai problemi ambientali e dei propri dipendenti.
I vantaggi sociali per la collettività si possono sintetizzare in riduzione dell’inquinamento atmosferico ed acustico, riduzione del numero di incidenti stradali e della congestione stradale, riduzione dei tempi di trasporto, risparmi energetici, miglioramento della qualità della vita.
Quali vantaggi si possono raggiungere con il supporto di un Mobility Manager aziendale?
La norma afferma che il lavoro del Mobility Manager deve essere finalizzato a una riduzione dell’uso dei mezzi di trasporto privati e a una migliore organizzazione degli orari per limitare la congestione del traffico e, perciò, ottimizzare i trasporti da e verso la sede aziendale.
Questi professionisti dovranno, entro il 31 dicembre di ciascun anno, predisporre un piano degli spostamenti casa-lavoro (PSCL), per il quale è necessario effettuare una disamina di quanto previsto dalla normativa in materia, eseguire un’analisi della domanda di mobilità e dell’offerta di trasporto, analizzare le caratteristiche del contesto territoriale, nonché socio-economico di riferimento, identificare le strategie da adottare e le azioni da porre in essere per incentivare la mobilità sostenibile.
I Mobility Manager dovranno valutare i risparmi ambientali in termini di emissioni inquinanti atmosferiche, di gas serra, ma anche emissioni inquinanti a livello acustico e, in termini di sicurezza stradale e decongestione del traffico. Infatti, grazie al monitoraggio dell’inquinamento generato dagli spostamenti, attraverso un progetto ben strutturato con soluzioni di trasporto alternativo a ridotto impatto ambientale, come car pooling, car sharing, bike sharing, trasporto a chiamata, navette, ecc., si può di fatto favorire una progressiva riduzione delle emissioni di CO2.
Perché oggi le aziende non hanno ancora recepito completamente questi vantaggi?
Le aziende sono alla ricerca di soluzioni che garantiscano il flusso vitale di persone, beni e servizi, riducendo gli impatti ambientali, sociali ed economici generati dai veicoli privati (inquinamento atmosferico, inquinamento acustico, congestione stradale, incidenti, degrado delle aree urbane) per creare città più sicure, ma questo richiede un cambio di mentalità.
Le aziende non hanno completamente preso consapevolezza che un uso più razionale della autovettura può migliorare la qualità della vita nelle nostre città e che la figura del Mobility Manager riveste una funzione importante nel Programma di Responsabilità Sociale finalizzata a proporre soluzioni ai temi del benessere delle “persone” e dell’organizzazione.
L’istituzione della figura del Mobility Manager consentirebbe di ridurre i costi aziendali per gli spostamenti casa/lavoro dei dipendenti, di incrementare la socializzazione, aumentando di conseguenza efficienza e produttività, di rafforzare l’immagine complessiva dell’azienda aperta ai problemi ambientali e dei propri dipendenti.
Ottusità o impreparazione?
A mio parere, ne ottusità né impreparazione, ma soltanto scarsa sensibilità e responsabilità su questo tema. L’obbligo di legge viene adempiuto con la nomina del Mobility Manager e con la redazione del Piano Spostamenti Casa-Lavoro, mentre la collaborazione con il Mobility Manager di Area, l’attività di monitoraggio periodico delle abitudini di mobilità dei dipendenti e la revisione delle misure adottate è lasciato alla buona volontà della dirigenza aziendale e non è materia sottoposta a controllo o sanzioni.
Molte aziende non hanno nominato il Mobility Manager, mentre alcune lo hanno nominato e redatto il PSCL solo per vedersi rilasciata la certificazione per i sistemi di gestione ambientale conformi alla norma ISO 14001.
Quale sarà, secondo te, la visione del Mobility Manager del futuro?
Credo che le funzioni del Mobility Manager, anche se non sono direttamente definite dalla normativa e non esistano controlli e sanzioni, possano rientrare e contribuire al Piano Welfare di un’organizzazione. Questa particolare figura professionale potrà giocare un ruolo cruciale, sia per i dipendenti sia per le imprese, anche dopo la pandemia. Il Mobility Manager, per le sue competenze e per gli importanti obiettivi e risultati che può raggiungere, dovrebbe rivestire una funzione importante nel Programma di Responsabilità Sociale Aziendale finalizzata a proporre soluzioni ai temi del benessere delle “persone” e dell’organizzazione.
Pertanto, tenendo in considerazione le sfide che si prospettano per quanto riguarda il raggiungimento degli obiettivi definiti dall’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile, è auspicabile che la figura del Mobility Manager sia supportata e riesca a trovare una sua posizione di rilievo all’interno di numerose organizzazioni attive nel nostro Paese.
Che cosa suggerisci ad altri per diventare Mobility Manager?
Suggerisco sicuramente di seguire un corso di formazione per Mobility Manager per l’acquisizione di strumenti operativi e di conoscenza delle migliori pratiche per il Mobility Management, per sviluppare quelle competenze necessarie, di carattere normativo e statistico, che consentano di redigere il Piano Spostamenti Casa-Lavoro e monitorarne periodicamente gli esiti, prevedendo una revisione delle misure adottate.
Credo che un requisito fondamentale, acquisite le competenze di base, sia la capacità di svolgere le proprie attività con passione, competenza e determinazione in interconnessione costante con le numerose realtà che operano nel settore, “facendo squadra”, promuovendo attività di miglioramento in linea con il Programma di Responsabilità Sociale Aziendale, adattandosi al contesto, senza lasciarsi abbattere dagli inevitabili ostacoli che si possono incontrare.