A partire dalla crisi economica del 2009 le aziende italiane hanno progressivamente iniziato a viaggiare di più verso i paesi esteri in cerca di nuovi mercati di sbocco non solo per la distribuzione delle merci, ma anche per la delocalizzazione produttiva e per le operazioni di M&A: +2,3% nel 2016 (29,8 milioni di viaggi) rispetto ad una media Europea del +0,7%.
Sul piano geografico, la Cina conferma la sua forte attrazione con +4%, ma sono le destinazioni minori, in particolare dell’Asia, ad esercitare un forte interesse sui viaggiatori d’affari (+10%). In Europa frenano i mercati dell’Est, mentre si stabilizza la Russia.[1]
Si riduce leggermente la forbice tra la dinamica delle trasferte nazionali e quella dei viaggi internazionali, con le prime, seppur ancora al disotto dei livelli pre-crisi, che a dispetto di consumi delle famiglie ed investimenti stazionari mostrano tassi di crescita (+2,7% nel 2016) tendenziale superiori a quelli del mercato internazionale (+2,5% extra-Europa, +0,7% Europa).[2]
Il 2016 ha certificato anche il cambiamento avvenuto nelle abitudini di viaggio attraverso la lettura della durata media delle trasferte.
In particolare sul mercato domestico aumentano le trasferte senza pernottamento (+2,7%) questo grazie anche ad una diversificazione delle opzioni di viaggio che porta “l’escursionismo d’affari” a rappresentare il 39,5% del mercato. Al contrario si allungano e si accorpano le trasferte sui mercati internazionali, alla ricerca di risparmi economici e di incrementi della produttività.[3]
Sul lato dell’offerta i due grandi settori di riferimento, voli aerei ed hotel, si muovono in maniera diametralmente opposta: il primo concentra ca. il 90% dei voli nel 30% dei provider; il settore hotel attraverso le grandi catene worldwide soddisfa poco più del 25% della domanda.
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ToggleQuale futuro per i viaggi d’affari?
Un quadro macroeconomico per cui i viaggi d’affari, come emerso durante la tavola rotonda moderata da Travel for business con titolo Business Travel Procurement Beyond Business, in occasione dell’evento ADACI Negotiorum Fucina, che arrivano a rappresentare la terza voce di costo all’interno di una Azienda[4], con importanti sfide di procurement da affrontare sia sul lato costo/efficienza sia di gestione del personale in termini di sicurezza e benessere, nel quadro complessivo del welfare aziendale, con ricadute importanti sulla efficacia del viaggio d’affari stesso: dal bleisure alla mobilità casa-lavoro.
Il viaggio d’affari, pertanto, si configura sempre più come elemento di valutazione caratterizzante e strutturale del business e che deve rientrare sin dalle fasi iniziali nei business plan con un radicale cambio di visione da costo ad investimento.
A fronte di una grande rilevanza e complessità della materia, la condivisione delle esperienze delle Aziende presenti al tavolo, ha fatto emergere quanto il business travel management sia poco diffuso quale approccio strategico nelle aziende italiane, e di conseguenza anche la figura ed il ruolo del travel manager si stia da poco strutturando, come divisione autonoma e trasversale, con autonomie e mezzi, solo nelle grandi aziende e/o multinazionali.
Al contrario, il tessuto produttivo italiano (industriale e terziario) è costituito per lo più da micro e piccole imprese che occupano i 2/3 degli addetti e sviluppano il 45% ca del valore aggiunto (solo il 5,1% delle imprese è organizzato in strutture di gruppo)[5]
The Italian way. Linee guida per un nuovo travel management
Esiste pertanto un gap italiano da colmare a fronte di un cambiamento di scenario.
Il confronto della tavola rotonda ha fatto emergere alcune linee guida che possono trasformarsi in attività integrate in ottica di rete del valore, per dare un contributo fattivo alla crescita industriale:
- riconoscimento del ruolo strategico del business travel management;
- efficientamento dei processi di acquisto e di gestione dei viaggi d’affari anche con soluzioni in outsourcing per la riduzione dei costi diretti ed indiretti;
- creazione e valorizzazione, ove ne sussistano le condizioni e le possibilità dimensionali, del ruolo del travel manager;
- definizione di standard e procedure aziendali in ottica travel intelligence nella fasi pre-durante-post viaggio (travel policy, procurement, assistenza, sicurezza, rendicontazione, report, KPI, analisi big/small data);
- diffusione di una cultura di business travel management con percorsi di formazione ad hoc sul personale della PMI;
- maggiore valore aggiunto differenziante e qualificante da parte dei fornitori in ottica di travel experience e diffusione di contenuti.
Il viaggio è appena cominciato.
Possano i viaggiatori trovare la felicità ovunque vadano, e senza sforzo possano realizzare ciò che si sono prefissi, e arrivati a riva sani e salvi possano essi riunirsi con gioia ai loro familiari.
(Sette Anni In Tibet – 1997)
[1] Nuovo Osservatorio Sui Viaggi D’Affari – Lufthansa Group/HRS/AirPlus – ed. 2017
[2] Nuovo Osservatorio Sui Viaggi D’Affari – Lufthansa Group/HRS/AirPlus – ed. 2017
[3] Nuovo Osservatorio Sui Viaggi D’Affari – Lufthansa Group/HRS/AirPlus – ed. 2017
[4] Business Travel Management – Ebook – Rosemarie Caglia – ed. 2018
[5] Risultati Economici Delle Imprese – ISTAT – 02.11.2017