Smantellato l’ultimo arrocco della Volkswagen sul dieselgate: con l’ordinanza numero 2966/2017 la Corte d’Appello di Venezia ha respinto il reclamo della casa auto tedesca, confermando l’ammissibilità della class action di Altroconsumo. Ora le decine di migliaia di aderenti alla class action (circa 90mila i form scaricati dal sito di Altroconsumo) viaggiano spediti verso il risarcimento del 15% prezzo acquisto auto.
In particolare la Corte ha rigettato le tesi di VW sulla non omogeneità dei diritti fatti valere dai consumatori e sulla inesistenza del danno.
Il giudice ha ribadito che la pratica commerciale ingannevole è stata la stessa per tutte le auto del Gruppo VW che montano i motori EA 189, vendute come poco inquinanti ed “eco-friendly”, ma che in realtà avevano caratteristiche diverse da quelle promesse in quanto producevano emissioni inquinanti superiori a quelle risultate nei test. Le auto montavano un software in grado di alterare le emissioni di NOx, prodotti principalmente dai motori diesel, altamente inquinanti e che hanno gravi effetti dannosi sulla salute delle persone e sull’ambiente.
Inoltre l’ordinanza sottolinea che il danno non può essere escluso in quanto i consumatori devono attivarsi in prima persona per adottare le misure correttive imposte dalla KBA tedesca. La presenza del software, notizia diffusa a livello mondiale, comporta che nel mercato della compravendita dei veicoli usati tali autovetture saranno sicuramente “etichettate”, quindi risulta del tutto verosimile che esse subiranno un possibile decremento del loro valore di mercato. Dovrà inoltre essere verificato se vi siano state modifiche nelle prestazioni delle auto.
A poco più di due anni dall’eco inziale dello scandalo dei motori diesel manipolati dalla casa di Wolfsburg al fine di superare i test di omologazione, Altroconsumo sta portando gli automobilisti verso una completa restituzione di quanto tolto a causa dell’inganno organizzato e perpetrato da VW.
L’organizzazione indipendente di consumatori ha denunciato l’inganno in Italia e in Europa, grazie alle associazioni del netework internazionale e alla campagna #DemandJustice – #PretendiGiustizia; ha realizzato diversi test per provare la presenza e l’effetto nelle auto del software che consentiva di barare nella prova di omologazione e ha ottenuto l’ammissibilità della class action in Italia – la prima e sinora unica in Europa.
L’inizio della raccolta delle adesioni alla class action era iniziata 1 luglio scorso e si è chiusa lo scorso 1 ottobre 2017, dopo che a Venezia la cancelleria a Rialto era stata inondata di fax, PEC e lettere raccomandate.
Comunicato stampa 7.11.2017
Altroconsumo