L’attività di analisi sui comportamenti d’acquisto, la verifica dei trend che muoveranno il mercato i prossimi anni, l’analisi dei bisogni delle persone, per poter prima di altri offrire prodotti e servizi e vincere la concorrenza, sta spingendo le aziende a sempre più rilevanti investimenti per ottenere maggiori dati e informazioni.
Gestire le tante informazioni, che la digitalizzazione ha introdotto, è diventato fondamentale se si vogliono ottenere vantaggi competitivi e anticipare le mosse del mercato, anche globale.
I Big Data, infatti, rappresentano un importante valore aggiunto per ogni business, la lettura e la corretta gestione possono suggerire mosse vincenti, ma anche trarre in inganno e dare indicazioni non così corrette (vedi ad esempio Brexit e elezione negli USA).
Quali di questi dati sono davvero utili e importanti per le aziende per conoscere i propri clienti?
Come si possono utilizzare i Big Data per migliorare i rapporti interni tra funzioni e aree dell’azienda stessa?
Queste sono alcune delle domande più comuni che i top manager rivolgono agli analisti per effettuare scelte congruenti.
Il compito principale è soprattutto riuscire a filtrare e comprendere quali dati siano utili e quali no. A volte una sovrabbondanza di dati può essere addirittura inutile e allontanare dallo scopo per il quale questi vengono raccolti e analizzati.
Infatti, è importante riconoscere i dati funzionali e sapere come decifrarli. In altri termini, una raccolta di dati indiscriminata non garantisce automaticamente informazioni preziose per il business.
Se la strategia non è definita prioritariamente, se non si è stabilito quali sono i dati da raccogliere e la finalità degli stessi, potendo scegliere tra milioni di dati a disposizione, il rischio è di perdersi e di non rimanere focalizzati sull’obiettivo. La soluzione migliore è ricercare le informazioni necessarie su specifici valori e chiavi di lettura determinate su target, prodotto, servizio.
Big data, qualità e non quantità
In poche parole il problema con i Big Data non è la quantità ma la qualità.
Pertanto occorre:
- individuare le keyword corrette per disporre di dati preziosi
- ottenere le informazioni ricercate, al momento giusto
- capire quali dati sono già in nostro possesso e quali dobbiamo ricercare
I social network, le principali società del settore come Google, Apple e Microsoft, Amazon, e-Bay, ecc. stanno impostando le loro future strategie di business basandosi fortemente sui Big Data, che milioni di utenti ogni giorno inconsapevolmente integrano e aggiornano di continuo. Dati che loro sanno benissimo governare, gestire e utilizzare.
Miliardi di dati in possesso di poche realtà che determineranno il successo di questo o quel prodotto, di quel servizio o di un brand.
Le aziende e le società di “tipo tradizionale” cosa faranno?
Alcune Società, le più smart, stanno cercando di mettere in network e a disposizione delle altre aziende del comparto, i dati posseduti o almeno è nelle loro intenzioni, per difendersi dalla imminente concorrenza. Ma poi ricadono nelle vecchie logiche protezionistiche, la paura di svelare dati e strategie a possibili competitor prendono il sopravvento; così non riescono ad andare oltre alle mere manifestazioni d’intenti; lasciando di conseguenza un grande vantaggio competitivo agli altri.
Il rischio di rimanere indietro però, e di ritrovarsi fuori mercato, è notevole, sopratutto nel mondo del travel e dei viaggi che da sempre vede i fenomeni legati all’innovazione e alla tecnologia aprire nuove strade e innovativi canali di business.
A breve i viaggiatori saranno sempre più autonomi. E riceveranno direttamente sul proprio smatphone le offerte e le proposte di viaggio in base alle pagine web visitate, ai gusti manifestati attraverso i like o ai post sui “Social”. Acquistando direttamente sul web i servizi/prodotti, saranno tagliati fuori dal business realtà come gli intermediari, le agenzie e i circuiti di carte di credito: un volume d’affari enorme in mano a chi avrà il controllo dei Big Data.